La Postilla al Festival del Giornalismo 2015; dalla Marcia su Roma a #ijf15 passando dall’Hotel Brufani

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di Jori D. Cherubini

E’ passato più di un mese, quasi due. Un resoconto tenuto in freezer e scongelato così, all’improvviso. Per il secondo anno consecutivo una delegazione de La Postilla è andata nel capoluogo umbro per “vedere da vicino” il giornalismo che conta. Lo abbiamo ribattezzato Il festival dei cronisti high tech; sottotitolo: Dalla Marcia su Roma a #ijf15. Buona lettura.

Perugia. 1922. Autunno. Lo storico Albergo Brufani è sede prescelta dal quadrumvirato fascista. De Vecchi, De Bono, Balbo, Bianchi. Seduti, si presume, nella saletta adiacente alla ricezione; agghindata allora come oggi in stile anglosassone. Alle pareti, nei minuziosi intarsi e perfino nei modi edulcorati del personale si respira eleganza e nobiltà. Il giorno 22 ottobre dell’anno testé indicato, stando alle cronache, 10.000 camicie nere si adunarono nel capoluogo umbro in attesa del proclama; la mobilitazione collettiva arrivò cinque giorni dopo.

Schermata-2015-04-16-alle-16.47.20Scorre la storia, si rincorrono i decenni. Primavera 2015. Una giornata tiepida e nuvolosa. Ci infiliamo in un dedalo di scale mobili che dal parcheggio sotterraneo, tutto Alfa Romeo, BMW e pulmini VW, sbucano ai “Tre archi”. Piazza Italia, centro di Perugia. In faccia il Brufani Palace Hotel, cinque stelle lusso. All’interno, distribuito in sale di diversa misura, si sta svolgendo il terzo giorno del IX Festival del Giornalismo, o per meglio dire International Journalism Festival. Davanti alla facciata sostano i pulmini-regia della Radio Televisione Italiana, bianchi con la ragione sociale stampata in blu. Affianco i mezzi dai colori più vivaci di Sky. Di fronte due postazioni mobili per speciali e interviste; videocamere, paraboliche, microfoni, luci, cavi, e tutto l’inferno necessario a imbastire le dirette, modalità rigorosamente live or stream. Stanno intervistando Paolo Mieli sui 70 anni della Liberazione. Intanto al Teatro della Sapienza Sarah Varetto (direttore Sky TG24), insieme a Giuliano Ferrara (che ci dicono assente), Lucio Caracciolo e altri ospiti quotati, sta tenendo un incontro intitolato “I media occidentali alle prese con la propaganda del terrore”.

Terminato il meeting ci spostiamo in Pasteria, ristorante situato in via Balbo (il quadrumviro?), preso d’assalto da giornalisti internazionali, australiani, inglesi e statunitensi. A fine pasto s’alzano collettivamente e tornano al Brufani, un po’ barcollanti e con sbronza fine. Per entrare in albergo bisogna passare da un’elegante pensilina attraversata in passato da celebrità non indifferenti; spiccano Charlie Chaplin, Regina d’Inghilterra, Principe di Monaco, Antony Hopkins, Rita Levi Montalcini e Bruce Springsteen. Alla reception arrivano in conseguenza “la zanzara” David Parendo, con un fascio di giornali in mano, e il direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez – alto, garbato, sportivo, giacca e scarpa da ginnastica – atteso per il confronto “Quando il giornalismo incontra l’attivismo online”. Ci dirigiamo verso la Sala Priori. Passiamo un corridoio di moquette e lampadari dove capita di incrociare Luca Sofri.

283_foto_festival_giornalismo_4A fine corridoio si apre un salone con funzione spartitraffico impreziosito da raffinato parquet con geometrie d’intarsi risalenti alla seconda metà dell’Ottocento. Si avvicina una signorina polo bluastra e griffata che chiede un tweet (anticipato dall’hashtag ufficiale del festival: #ijf15). Tema generico, il futuro. Attento a non superare il limite di 140 tweet (o twoosh, non ricordo bene) riporto citazione facile da I muscoli del capitano: “…il F. è una palla di cannone accesa / e noi lo stiamo quasi raggiungendo…”; ricordandomi soltanto dopo che De Gregori parlava del Titanic. Ormai è andato. In regalo mini Moleskine marchiata Expo e pulisciocchiale “Impresa Semplice”. Avanziamo. La sala è invasa da comunicatori del settore internet. Svincoliamo dietro la camera di ripresa. C’è un ventiqualcosenne – barba incolta, montatura degli occhiali nera (molto di moda nel 2006), t-shirt verde-ufficio con scritto Stay Hungry, Stay Foolish, e sotto le iniziali SJ – che picchietta con il tappino della penna. Tac tac tac tac. Gli viene fatto notare. Smette. Barbara Sgarzi, bionda giornalista molto spigliata, docente e scrittrice, parla di vita digitale: “Come gestire la propria reputazione online”, l’argomento è interessante seppure, per certi versi, tardivo.

Nella sala precedente, quella del parquet, ci imbattiamo in Pierluigi Pardo, zainetto e trolley. Aspetta un ascensore che non arriva; ha fretta, deve salire in camera e scendere subito: alle 18.00 è prevista la sua presenza all’incontro “Il talk show è davvero finito?” con Francesca Barra, Mia Ceran, Mario De Pizzo e Andrea Vianello. Ci sono tutti, proprio tutti. Passa Diego Bianchi, alias Zoro (con habitus da centro sociale de sinistra), il quale si sta affrettando per preparare la diretta dal Festival di Gazebo; con lui la firma dell’Espresso Marco Damilano.

E’ sufficiente uno sguardo lesto per intuire il destino del giornalismo: una massa indiscernibile di freelance tutti trentenni e tutti immancabilmente muniti non mai di giornali (wtf?) ma di iPhone e lavagnette touch da Salone dell’Elettronica. Intanto all’ingresso della Sala Meeting Raffaello inizia a crearsi un capannello di gente per l’incontro Magic Ensamble Fulvio Abbate & Pietrangelo Buttafuoco. Ci sfiora in direzione opposta un caschetto argenteo che scopriamo essere Beppe Severgnini.

0Stanno sgombrando lo spazio dal dibattito precedente. Lo scrittore-attivista-per-i-diritti-umani Larry Siems ha introdotto la nuova fatica letteraria “12 anni a Guantanamo: incarcerato, torturato e innocente”. Il pubblico, occasionalmente garantista, esce con facce tribolate. Si entra. Lo spettacolo suggerisce ricordi, citazioni, sesso (si parlerà diffusamente di fellatio), gag, piriti, piritolli e piritollame (…); Boldrini, Renzi, Mattarella, Roma veltroniana e altro ancora. I due scrittori sembrano divertirsi. Inaspettata e gradita la partecipazione (a sorpresa) di Selvaggia Lucarelli. Altri incontri del calendario odierno: “La parola contraria” con Erri De Luca; “Media e calcio” con Vittorio Feltri coadiuvato da cronisti di fama.

Ma la massima attesa, mediaticamente parlando, sta per svolgersi nella Sala dei Notari (ventre dell’antico Palazzo dei Priori, facciata in stile gotico vi si accede attraverso un maestoso portone duecentesco): “Dibattito su sorveglianza e privacy” con l’ex tecnico della CIA, o spifferatore di fama mondiale, Edward Snowden, che sta per collegarsi in diretta Skype da Mosca; la presenza sul posto risulta puramente simbolica, visto che chiunque può seguirlo dal computer di casa. Ma la fila per entrare sembra interminabile. Misteri.

Decidiamo per un aperitivo nella possibile (o forse no: forse stavano giocando a biliardo) saletta dei quadrumviri. Due Schweppes e uno Spritz 21 euro. Ma la stanza è ricca non tanto di significato storico; alle pareti acqueforti d’epoca e dipinti di valore con paesaggi agresti. Le poltroncine, legno scolpito, imbottite e rivestite di pelle nera, sono perfette. Nei divanetti dietro di noi Filippo Facci partecipa a una qualche riunione con presenze femminili dall’innegabile valore estetico.

Riscendiamo la scala mobile. Passiamo sotto antiche volte medievali. Incrociamo tre zingari, un uomo, una donna e una bambina. Nella borsa restano giornali, un tablet scarico, tre biglietti da visita, due libricini, la Moleskine, il pulisciocchiale Impresa Semplice e un paio di Baci Perugina. Quadrumviri, incontri, vino, chili di gloria riflessa ci illudono di essere stati davvero al centro de lu munnu. Dopo sarà tutta autostrada. Le luci arancioni rimbalzano a intermittenza sul cruscotto. Nell’autoradio gira Turn on the Bright Lights degli Interpol: parte Untitled e restiamo in silenzio.

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