Dalla Via Lattea alle Pleiadi, viaggio nelle costellazioni dell’emisfero boreale

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Via-Lattea-La-Silla-Cile

 di Irene Mazza

Il cielo è sempre lì, sopra le nostre teste. Azzurro o nero, che sia, è la prova tangibile, visibile a occhio nudo che esiste “qualcosa” là fuori, di cui siamo spettatori affascinati da migliaia di anni. Fu così probabilmente per gli uomini primitivi, poi per le prime civiltà che, attratte da quei puntini luminosi iniziarono a studiarne il moto nel cielo affidando il compito ai loro sacerdoti. La maggior parte degli antichi riti funebri egizi affondano i loro profondi significati sull’osservazione del cielo, dei suoi cicli, delle sue dinamiche.

Per altre civiltà assunsero invece validità pratica: per le popolazioni nordiche i riti religiosi erano dedicati al trascorrere delle stagioni e sancivano l’alternarsi tra la semina dei campi e la raccolta dei prodotti. Stonehenge ne è la prova, con le sue pietre orientate proprio sulla posizione del sole ai solstizi. Ma anche i navigatori polinesiani che disegnarono le prime mappe stellari utilizzandole come bussole per orientarsi nelle lunghe notti buie trascorse in mezzo all’oceano. Fu poi la civiltà greco-romana a individuarne le geometrie e a proporre le prime spiegazioni filosofico-scientifiche rielaborate poi dai  grandi pensatori dell età moderna, come Copernico, Giordano Bruno, Galileo, Keplero e Newton.

E’ nell’arco di tutto il secolo ’900 però che le tecniche osservative si affinano e con il contributo di scienziati del calibro di Plank, Einstein, Heisemberg, Hubble, Fridman, Gamow e molti altri la scienza si plasma alla realtà. Nasce la meccanica quantistica in grado di spiegare fenomeni fino ad allora incomprensibili che – con i mezzi della meccanica newtoniana e l’evoluzione rapidissima della tecnologia – permette di indagare quel blu profondo, in un viaggio indietro nel tempo, giungendo quasi fino all’origine di tutto, il Big Bang, avvenuto 14 miliardi di anni luce orsono.

E’ innegabile però come, nonostante il bagaglio di scoperte scientifiche di cui goda oggi l’uomo contemporaneo, non sia mutata la sensazione provata rivolgendo lo sguardo in su, in una notte tersa, sdraiati in un luogo isolato dalle luci cittadine. Essa somiglierà molto all’emozione di quell’uomo primitivo che in una notte buia di cinque milioni di anni fa, forse alzò lo sguardo verso la volta celeste accorgendosi delle stelle: uno sgomento ancestrale, un misto tra turbamento e stupore, vecchio come il tempo, come l’atavica paura dell’animo umano di fronte all’ignoto.

Oggi sappiamo che le stelle sono palle enormi di fuoco, incandescenti. La luce prodotta è dovuta alle interazioni chimiche che avvengono all’interno di esse, nelle quali viene rilasciato un numero altissimo di fotoni: le particelle che compongono la luce. La combustione all’interno dell’astro inizia da elementi leggeri, come idrogeno ed elio, per giungere poi ad elementi più pesanti quando la stella è anziana. La morte di essa avviene in modo diverso a seconda della sua massa. Può spegnersi lentamente come una nana bianca o blu. Oppure collassare su se stessa per il peso degli elementi presenti nel nucleo e successivamente, se la massa è sufficiente, esplodere come una supernova, producendo un bagliore visibile a milioni di anni luce di distanza. Quest’ultima, se è abbastanza massiva può dare origine a un buco nero: un punto densissimo dell’universo, dotato di una elevata energia attrazionale; nero, appunto poiché persino la luce, una volta entrata in esso, rimane intrappolata non riuscendo più a uscirne.

polPer osservare il cielo e individuare le stelle più belle è necessario scegliere un punto di riferimento. Lo si fa muovendosi tra le geometrie delle costellazioni scegliendo come punto d’inizio la Stella Polare che indica il nordDa essa prende l’avvio la costellazione del Carro Minore, detta anche Orsa Minore. Immaginando di tracciare una linea in diagonale che parta da questa stella, alzando lo sguardo verso nord-ovest dopo poco si incontrerà una stella rossastra. E’ Dubhe l’estremità ultima del Grande Carro o Orsa Maggiore. La costellazione, le cui braccia si allungano verso ovest, è composta da stelle di un bianco brillante e una bluastra, proprio sul manico del carro, Alkaid, ben visibile ad occhio nudo.

Da quest’ultima, spostando lo sguardo verso ovest, subito si noterà una stella giallo brillante: è Arturo, della costellazione del Bootes, stella di grosse dimensioni, anziana con temperature superficiali di 4500 gradi kelvin (circa 4200°C). Poco sotto di essa vi è la costellazione della Bilancia, dove il 27 agosto sarà possibile osservare la congiunzione tra Saturno e Marte. Tornando di nuovo con lo sguardo sulla stella polare, tracciando un’ulteriore linea immaginaria, spostandosi verso nord-est, si incontrerà Caph facente parte della costellazione di Cassiopea, con la sua classica forma di una W allargata. Questa costellazione si trova circa a metà dell’arco che la Via Lattea disegna sul nostro emisfero boreale.

Se il cielo è abbastanza terso e il luogo permette una vista a 180°, dall’orizzonte sud a quello nord, sarà infatti possibile vedere una striscia di polvere bianca che attraversa tutto il cielo: è l’immagine vista di taglio della nostra galassia, e quella “polvere”, che apparirà come una foschia è l’insieme delle miliardi di stelle che la compongono. Da Caph, l’ultima stella di Cassiopea, alzando lo sguardo verso lo zenit (polo nord dell’eclittica, cioè il punto più alto del cielo) incontreremo il famoso Triangolo dell’estate: esso è composto da tre costellazioni molto interessanti: ilCigno, la Lira, l’Aquila.small_110211-145217_to110211est_194-448x436

È chiamato così poiché la stella più brillante di ciascuna costellazione, unita con le altre, forma un triangolo isoscele quasi perfetto. Le tre stelle sono Deneb (Cigno),Vega (Lira), Altair (Aquila). Tutte e tre di un bianco brillante e spiccano sullo sfondo della polvere galattica. Hanno grosse dimensioni e temperature superficiali di circa 10.000 gradi kelvin (circa 9700° C), nonché una magnitudine negativa, cioè una brillanza elevatissima. In questa direzione, nelle vicinanze di Deneb non visibili a occhio nudo, vi sono alcuni oggetti celesti interessantissimi, come le due enormi nebulose della costellazione del Cigno; sono la nebulosa Nord America (qui a destra, ndr) e quella Del Pellicano.

Le nebulose sono regioni di gas e polveri. Spesso all’interno vi sono stelle in formazione, altre volte sono il risultato dell’esplosione di una supernova. I colori straordinari che le caratterizzano, quasi quadri astratti, sono dovuti al diverso modo in cui i vari gas della nebulosa assorbono la luce proveniente dalle stelle interne.

Volgendo lo sguardo verso l’orizzonte, a Est, e seguendo l’arco della via lattea apparirà una stella enorme e giallastra brillantissima, è Cappella facente parte della costellazione dell’Auriga. A partire da essa, muovendoci sulla linea dell’orizzonte, scorgeremo a sinistra in basso due stelle molto vicine tra loro, di cui una bianca e l’altra di un rosso aranciato. Sono Castore e Polluce della costellazione dei Gemelli.

m45_03Lo scorso 18 agosto, è stato possibile osservare, proprio sotto queste due stelle, nella costellazione del Cancro, la congiunzione tra Giove e Venere, apparsi vicinissimi tra loro. Tornando con lo sguardo su Cappella e muovendoci verso destra, alzando un poco lo sguardo vedremo un brulichio di stelline vicinissime tra loro: sono le Pleiadi (qui a sinistra, ndr), un piccolo ammasso di cui sette stelle visibili a occhio nudo.

Se ci troviamo, come suggerito all’inizio, in un luogo quasi completamente privo di inquinamento luminoso, vedremo questo piccolo ammasso in tutta la sua straordinaria bellezza: un brulichio dinamico, continuo, quasi fossero diamanti su un velluto blu.

Sempre verso Est, nel mese di agosto, occorrerà aspettare la notte inoltrata e le ore prossime all’alba per osservare le tre costellazioni più belle. Sono il Toro, Orione e il Cane Maggiore. Appariranno una dietro l’altra. La prima, di cui fanno parte anche le Pleiadi, è caratterizzata da una stella rossastra aranciata, enorme e estremamente luminosa: è l’antichissima  Aldebaran. Poco più sotto, sullo sfondo di un cielo non più nero ma blu brillante, tipico dell’alba, sorgerà Orione, con la sua famosa cintura. Si tratta di tre stelle blu, circondate da Betelgeuse in alto a sinistra e Rigel in basso a destra. La prima è una gigante rossa, la seconda è una gigante blu. Subito sotto di essa ecco Il Cane Maggiore con la  meravigliosa Sirio, forse tra le stelle più belle del nostro emisfero. Inconfondibile con la sua luce bianca e brillantissima, è una stella di grosse dimensioni con magnitudine di circa -1.5 e temperature superficiali di 9.400 gradi kelvin (circa 9200°C). E’ la stella più vicina a noi, si trova infatti a 8,7 anni luce dal Sole e appare più grande di Betelgeuse e Rigel perché più vicina. In verità ha dimensioni inferiori a queste due giganti.

NebulosaM42Orionefalsicolori-viAnche qui, non visibili a occhio nudo vi sono le bellissime nebulose della costellazione di Orione e quella Del Granchio, nella costellazione del Toro.

Il fascino e la suggestione nell’osservare questa porzione di cielo è certa. Vale perciò la pena, in una notte serena, di attendere l’alba per godere di questo spettacolo del tutto gratuito che si ripete, instancabile, da milioni di anni.

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Copertina: Via Lattea dall’osservatorio La Silla, Cile

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