L’insegnamento di Chiara Petrillo e il confine tra la vita e la morte

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Chiara

di Giovanni Fabbrini

Chiara Corbella Petrillo, romana, muore due anni fa, a 28 anni, dopo tre gravidanze. Avendo dato alla luce due bambini gravemente malformati, Maria Grazia e Davide, che sono deceduti nel giro di qualche mese, aspettava il terzo con molta speranza e soddisfazione; Francesco sarebbe nato – e sta crescendo – pienamente sano. Purtroppo Chiara però è morta nel Giugno del 2012, quando Francesco aveva un anno, per via di un tumore dal quale si poteva guarire intervenendo in tempo, cosa che Chiara non ha voluto fare per non compromettere la gravidanza (in calce all’articolo c’è il video della sua testimonianza, rilasciata poco prima di lasciarci).

Chiara probabilmente può essere definita un maestro dell’espiazione. Da questa vicenda si ricavano almeno due insegnamenti importanti, riferibili a due fasi della vita di Chiara. Il primo è quello del dolore come mezzo di purificazione e il secondo è quello della convivenza con la malattia come occasione per ottenere una strada verso l’immortalità.

Il tema della vita, più in generale, ha una presa forte. Immersi come siamo in una quotidianità fatta di superficialità, conformismo e ricerca spasmodica del benessere e della salute, il tema della santità della vita e della difesa di essa anche contro ogni convenienza umana può aprire nuove prospettive. Questo argomento riesce a schiudere di fronte all’uomo il mondo del mistero, rompendo l’illusione che nella vita contino solo le così dette questioni concrete.

Le cose concrete di fronte alla malattia e alla morte prendono finalmente il posto che spetta loro; alcune cose che credevamo piccole diventano grandi, altre che credevamo grandi e importanti diventano piccole. E’ bene dunque rendersi conto di come stanno davvero le cose se non agli occhi di Dio, almeno alla luce della morale. Specialmente se siamo tra gli eletti, in qualche caso succede che Dio ci voglia talmente tanto con sé da metterci davanti la sofferenza per dissuaderci da una vita basata su un cammino poco luminoso. Cammino che il dolore può rinforzare e la malattia può illuminare. Il confine tra la vita e la morte, vissuto con consapevolezza del soprannaturale, è foriero di scoperte che giovano a molti.

Video: La testimonianza di Chiara

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Copertina: Chiara Petrillo

Commenti

3 commenti a “L’insegnamento di Chiara Petrillo e il confine tra la vita e la morte”

  1. Enrico

    Giovanni, bella riflessione che, in moltissimi aspetti, sento profondamente mia.
    Non credo di essere un prescelto da Dio e penso che tutto ciò che ho attraversato e che sto attraversando faccia parte delle “vicende umane”.
    E le accetto, ob torto collo, perché sono parte della vita, con la consapevolezza che lasciarsi andare non servirebbe a nulla.
    Però, ti confesso dal profondo del cuore, che se tutto questo rispondesse a un piano divino (una chiamata dall’alto) mi incazzarei tantissimo, perché se abbiamo sempre “creduto” in un Dio neutrale e nel libero arbitrio nella costruzione del percorso umano, “tali prove” sarebbe ingiuste e disumane.
    Per concludere, non credo che nessuno debba espiare tanto per essere ammesso alla luce eterna e se cosi fosse, mi sembrerebbe un’enorme contraddizione con il messaggio di amore annunciato dai vangeli.
    Ciao Enrico

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  2. Giovanni

    Un altro concetto che avrei aggiunto volentieri, è nella versione lunga, se vuoi te la mando, … “non accade mai che il signore ci metta davanti sfide impossibili”. Certo, facile parlare non avendo vissuto quel dolore in prima persona! Eppure anche il figlio di Dio in persona ha sofferto e molto, non è stato capito, venuto per il nostro bene, lo abbiamo umiliato e deriso, flagellato e infine ucciso. Dio c’ha mandato suo figlio proprio per farlo soffrire e per espiare le colpe non sue, né dei suoi genitori e antenati, ma quelle degli uomini. E questo è il Vangelo.

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  3. Giovanni

    La teologia di oggi parla soprattutto del perdono e della carità come mezzi di riscatto dal peccato, ma questo non significa che l’espiazione, per quanto sia più classica, forse passata un po’ di moda, non sia altrettanto valida. La differenza è che con il perdono e con la pratica della carità uno segue l’insegnamento di Gesù mentre con l’espiazione fa come Gesù. Non è un caso che di solito chi insegna con maggiore fermezza l’espiazione di solito tende a dare un taglio all’ascetica fondato sulla deificazione.

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