Grandi uomini dell’Amiata; Petacio, Merisio, Mario del Biagiotti e Nardini

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Pubblichiamo il primo di una serie di articoli che vogliono omaggiare alcuni personaggi che hanno lasciato il segno nella storia dell’Amiata.

Le righe che seguono parlano di uomini noti o meno noti nella storia amiatina, ma anche nella storia in generale, che hanno creato qualcosa di grande, innovativo e spesso rivoluzionario a beneficio di tutti, forse grazie all’ispirazione suscitatagli proprio dalla nostra montagna. I grandi uomini dell’Amiata non sono tanto quelli rimasti con nome e cognome ma proprio i popoli che l’hanno abitata e, tanto tempo fa, rispettata come una dea. Non ha così importanza il nome del re etrusco che vi si recava per compiere un ringraziamento a Tinia ma è importante che l’abbia fatto, così come è di poco conto che non sappiamo come si chiamassero i costruttori della nostra meravigliosa cripta, o meglio basilica sotterranea, ciò che conta è la sensazione invariata che sono riusciti a suscitare nei secoli a ogni visitatore attento che c’ha messo piede.

Quelli sì che sono grandi uomini, i quali probabilmente avevano compreso la vacuità dell’adoperarsi per apparire importanti nella memoria della gente a scapito della distrazione per l’opera che dovevano compiere, che poteva realizzarsi solo con la più grande umiltà. Poi nel rinascimento tutti hanno tenuto a mettere il “copyright” e sono state fatte grandi cose lo stesso, ma l’epoca della luce vista da tutti non poteva esserci se prima quella luce non fosse stata tenuta al riparo, magari in una cripta e in altri luoghi “bui” da persone anonime. Gli anonimi e i semplici hanno fatto la storia; chi l’avrebbe mai detto che una “testa calda” come Miciarello (tale era il suo soprannome) avrebbe dato l’impulso a scrivere il documento fondamentale del passaggio fra il latino e la lingua italiana?

E chissà chi erano questi Petacio e Merisio che guidarono la lotta del popolo del Castello dell’Abbadia verso l’autonomia ottenendo la stipulazione del “Costituto badengo” definito dal compianto Nardini (altro grande uomo dell’Amiata), lo statuto pioniere del diritto moderno? Il discorso continuerebbe ma da ultimo bisogna pensare che anche certe piante sono rimaste sull’Amiata, estinguendosi altrove, grazie alla sapienza e all’attenzione di uomini sconosciuti. Un agronomo, parlando di varietà di piante da frutto a una conferenza, disse che sotto quest’aspetto “L’Amiata è ancora straordinaria perché fino a poco tempo fa è stata abitata da gente straordinaria“; il Pero Picciòlo va preso come esempio della diversità oltreché vegetale anche umana della montagna amiatina. Si dice che uno degli ultimi depositari di questa diversità umana e sapienza antica fu Mario del Biagiotti il quale, seppure semianalfabeta (anche se aveva trovato il tempo di imparare la Divina Commedia a memoria), possedeva una comprensione dei meccanismi naturali ineguagliabile con anni di università; non conosceva il linguaggio dell’arboricoltura e della meteorologia ma conosceva bene quello degli alberi e del vento.

Quanti ce ne sono stati di analfabeti ricercatori e di classificatori senza libri che fino a meno di un secolo fa solo dalla corteccia di un castagno, o dall’osservazione del portamento e della foglia, sapevano individuarne la “razza”, cosa nemmeno contemplata nei manuali di botanica dove si dice che fra i castagni, nell’ambito della stessa specie, gli elementi distintivi stanno nei frutti. Per non parlare delle donne che andavano per i campi a raccogliere a colpo sicuro le essenze necessarie a ogni evenienza, preparandole poi con maestria, o di quel monaco senza gradi e ormai senza nome che guarì l’esercito di Carlo Magno consentendone l’incoronazione. Questi sono i grandi personaggi della Montagna, poi ci sarà modo di parlare delle figure rimaste impresse nitidamente nei libri ma che sono solo la parte visibile di un organismo più vasto con un rizoma profondo e sotterraneo che assorbe il nutrimento vitale direttamente dall’Amiata.

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Foto: interno Abbazia di Abbadia San Salvatore

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