Il teschio, l’eternità

Print Friendly, PDF & Email

Arnold_Boecklin_-_Island_of_the_Dead,_Third_Version

—P—

di Giovanni Fabbrini

Le ossa dureranno secoli dopo la morte del corpo e il teschio è la parte dello scheletro che si conserverà più a lungo: una volta volate in cielo le anime immortali, dopo il giudizio universale, si ricongiungeranno al corpo e troveranno così solo le ossa mentre il resto verrà per forza ricostituito

Nelle vecchie chiese è quasi impossibile non imbattersi in una tomba, una lapide commemorativa  o una salma. Nelle nuove questo accade più raramente; in entrambi i casi si ha spesso il contatto coi simboli espliciti di morte. Non parliamo poi del ruolo religioso che può avere la visita a un cimitero: generalmente si sottovaluta la portata sovrannaturale di quei luoghi, che sono invece delle vere e proprie cattedrali a cielo aperto: la storia delle famiglie, le effigi di Cristo e di Maria sempre presenti, le centinaia di croci.

Quando capita mai, in Italia, che essi diano l’impressione di un luogo aconfessionale? Anche il battesimo è una morte (Rm 6,3), l’altare per certi versi può essere inteso come una tomba, infatti molto spesso lo è, come a San Pietro o a Santa Maria della Pace a Roma. I simboli di morte espliciti però, quali il teschio e le ossa, hanno un impatto chiaro e maggiore. Questi simboli sono tutt’oggi espressi di frequente da organizzazioni come le logge massoniche e le confraternite dei college americani. Perdere i simboli di morte significa aprire la strada all’estetica della peggior televisione e dei media. Il teschio e le ossa compongono un simbolo realmente foriero di fermezza e lucidità. Rendersi conto che la vita sulla terra finirà, con certezza, comporta un immediato beneficio. Il teschio è il simbolo di una volontà che non è ispirata dal soprannaturale in modo problematico e complesso. Si hanno cioè due tipi di obbedienza ben rappresentati dalle due teste: una cadaverica, legata alla carne; l’obbedienza è faticosa e la volontà umana più che coincidere docilmente con quella divina si umilia e si mortifica con dolore.

L’obbedienza così vissuta deriverebbe da una concezione monca del battesimo, che si ha quando questo non viene richiamato di volta in volta in tutta la sua portata liberatrice. L’altra concezione del battesimo, quella piena, comporta dei periodici richiami alla palingenesi del fedele: un buon simbolo di richiamo è appunto il teschio. Dal teschio ormai ogni frammento di carne viva se n’è andato, il teschio è il simbolo cioè di un’obbedienza ben favorita da una docilità naturale alla grazia, che non conosce l’opposizione con una spontaneità cattiva. Non solo. Le ossa dureranno secoli dopo la morte del corpo e il teschio è la parte dello scheletro che si conserverà più a lungo: una volta volate in cielo le anime immortali, dopo il giudizio universale, si ricongiungeranno al corpo e troveranno così solo le ossa mentre il resto verrà per forza ricostituito. Questo significa che c’è, già presente in noi, una parte del nostro corpo che è eterna. Per altro il teschio è anche un richiamo all’ultimo momento, quello decisivo.

Articoli correlati: Ma quale Révolution française? Quella buona è la Glorious Revolution - Il Vaticanista – Matteo 5,13 – 16; Se il sale perde il suo sapore - XV Giornata della Memoria: il discorso del Presidente del Museo Ebraico Ottolenghi - Letture: “Le ali della libertà” Carlo Maria Martini - A proposito di sinodo; divisioni, Salvezza e disciplina - Dignitatis Humanae. Dio; la natura, il complicato rapporto uomo-ambiente - Tempo di Sinodo, torna il Vaticanista a sfidare il fumo di Satana - Giovanni Lindo Ferretti: «Ho visto Ratzinger, ammiro Bergoglio»

Copertina: Arnold Böcklin, (terza versione, 1883)

Lascia un commento

XHTML: Puoi usare questi tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>