Damiano Romani: «In un clima di concordia anche le piccole cose crescono»

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di Giovanni Fabbrini

Stando alle ultime dichiarazioni dei redditi Abbadia sta attraversando un momento di forte crisi. Per comprenderne i motivi, per approfondire la situazione economica generale, e per trovare qualche consiglio utile, abbiamo pensato di intervistare uno dei massimi esperti locali del settore: Damiano Romani, responsabile della Confesercenti di Abbadia San Salvatore. Buona lettura!

Per cominciare diciamo due parole sulla situazione nazionale.

Il PIL nel primo trimestre del 2014 è tornato negativo, anche se di poco. La disoccupazione giovanile è preoccupante e anche le esportazioni accusano una flessione. E’ così a livello anche internazionale. In Italia pesa molto il debito pubblico, al 130% del PIL, è la vera palla al piede che abbiamo rispetto agli altri paesi europei. Rispetto a Francia, Germania e la stessa Spagna il differenziale degli interessi passivi è grossomodo di cento miliardi di Euro; Francia, Germania e Spagna hanno potuto investire in strade, autostrade, ferrovie, porti. Anche l’auspicata dismissione del capitale pubblico per ridurre il debito non è ancora avviata, questo ci porta a pagare tutto quello che paghiamo di interessi. Il patrimonio culturale, artistico e naturale che c’è in Italia senza investimenti in opere pubbliche soffre la concorrenza dell’estero e da essere il primo paese turistico del mondo, come eravamo 30 anni fa, siamo ora al sesto posto. I flussi sono rimasti invariati ma nel resto del mondo il settore per lo più è cresciuto.

Come vanno le cose in Toscana e nel senese?

La regione Toscana è ferma da 10–12 anni come PIL e come occupazione. Ha retto il sistema sanitario, indicato uno dei migliori a livello europeo, e il sistema solidaristico – formato da una rete di volontariato e dalla fiducia nelle istituzioni – ha fatto la differenza con molte regioni confinanti. Rispetto al Lazio, per esempio, abbiamo puntato molto sul sistema solidaristico. La provincia ha sofferto la crisi del Monte Dei Paschi e soprattutto della Fondazione: sono oltre 3 anni che non contribuisce più al territorio. Basti pensare che fino ad allora la Fondazione incideva per oltre il 6% sul PIL della provincia di Siena finanziando le istituzioni e le associazioni di volontariato. Abbiamo visto anche ad Abbadia come la Fondazione ha erogato contributi a favore  dei lavori nel centro storico, all’Abbazia e alla miniera con ricadute positive anche sull’edilizia.

La situazione di Abbadia che aspetti presenta?

Stando alla dichiarazione dei redditi, l’ultima disponibile, quella del 2013, Abbadia è tra gli ultimi paesi della provincia ed è anche un migliaio di euro sotto la media nazionale per quanto riguarda il reddito pro capite. Tuttavia leggendo il dato in prospettiva, vediamo che negli ultimi 5 anni il reddito complessivo di Abbadia è aumentato da 68 milioni di euro a 78 milioni. C’è stata una crescita costante di cui però non si è avvertito il riflesso perché è cresciuta quella che si chiama evasione degli acquisti, la media degli acquisti fuori dal territorio è ormai sopra il 50% per via dei centri commerciali e soprattutto dell’e-commerce. Anche i centri commerciali tuttavia stanno entrando in crisi; pensa che negli Stati Uniti a chi apre un centro commerciale fanno pagare in anticipo gli oneri di demolizione. Il nostro territorio comunque è fermato dalla burocrazia. Molti commercianti hanno dovuto togliere o coprire i cartelli stradali che indicavano le loro attività. La Provincia di Siena (unica in Italia) ha applicato in maniera rigida il codice stradale. Ora per ripristinare i cartelli occorre un iter burocratico complesso e molto oneroso. Anche per chi fa eventi all’aperto il regolamento sull’acustica è molto restrittivo. Vedo che in altre località, a noi vicine, sono concesse  deroghe al limite di decibel o dei periodi in cui il limite è più alto. Si parla spesso di disoccupazione e dei posti di lavoro che perdiamo a causa delle crisi che stiamo attraversando ma non si parla abbastanza dei posti di lavoro che perdiamo per troppa burocrazia, che non permette  di creare nuova occupazione. In Italia ci sono circa 150.000 leggi, contro le 25.000 tedesche e le 20.000 francesi. Per una micro impresa in Italia i costi della burocrazia superano in media 7.000,00 euro all’anno.

I giovani hanno ragione di credere nel territorio?

Il territorio offre delle risorse irripetibili ed inimitabili. Se puntiamo un compasso nella cima della montagna e disegniamo un cerchio col raggio di 25 km ci sono le principali ricchezze eno-gastronomiche a livello mondiale. Siamo un’enorme palestra a cielo aperto; abbiamo un bacino primario di alcune centinaia di migliaia di persone, un bacino secondario che arriva a comprendere otto milioni di persone. Queste risorse sono proprie del territorio, non sono clonabili. Il terreno è fertile, se negli ultimi decenni non abbiamo raccolto i frutti sperati, è perché siamo noi che l’abbiamo coltivato male. Vivere in montagna, produrre in montagna, amministrare in montagna è molto più costoso che operare in altre zone. Basti pensare ai costi di riscaldamento ed a quelli legati alla mancanza di infrastrutture (viabilità, trasporti, università, servizi). Tra commercio e turismo ci sono circa 600 occupati, è la prima azienda sul territorio.

Che cosa è mancato al sistema turistico locale?

Dopo la crisi della miniera le amministrazioni competenti nel territorio non hanno preso una strada precisa. Le risorse hanno preso troppe vie. Le amministrazioni hanno cercato di tutelare l’esistente; è mancata la volontà di seguire una strada unica, questo per via della politica di vari enti e non si può restringere il discorso a un singolo comune. Il turismo sportivo ha bisogno di strutture; il campo sportivo è unico, ma la pista e gli spogliatoi hanno bisogni di interventi. La piscina anche è stata una perdita forte. Si tratta comunque, in entrambe i casi, di situazioni che l’amministrazione ha dichiarato di voler risolvere. Ad Abbadia oltre alla crisi economica c’è stata anche una crisi di fiducia. Tante volte conta di più il medico che somministra la cura rispetto alla cura stessa. Se c’è fiducia nel medico il paziente è più probabile che guarisca. Tante volte un clima di fiducia può invertire una tendenza negativa; ai tempi della miniera c’era una comunità compatta, la confluenza negli obiettivi comuni era comune, a tutti i livelli avevamo una voce univoca, c’era una fiducia reciproca e i problemi del vicino di casa erano i tuoi. Le nostre comunità oggi sono particelle che non comunicano una con l’altra. Questo rischio lo aveva individuato anche il Cardinal Martini, attento al sociale, già 10 anni fa, quando venne a Montepulciano. Anche all’operatore privato giova un clima di fiducia dove la politica con obiettivi condivisi fa gli interessi della collettività. Il Centro Commerciale Naturale nel momento di massima crisi si è andato perdendo: raccordo, riunioni, progetti comuni. Aveva il limite di concentrarsi maggiormente su due o tre eventi all’anno tralasciando i problemi quotidiani; l’idea era quella di mettere insieme una serie di attività per offrire i servizi migliori rispetto a quelli della grande distribuzione. In un outlet ci sono 70 marchi, ad Abbadia 6–700. Se c’è condivisione si fa rete. In un clima di concordia anche le piccole cose crescono, in un clima di discordia anche le grandi vanno in rovina. L’abilità di un politico è quella di creare un clima di concordia su progetti condivisi. E poi anche il numero dei parcheggi è inferiore rispetto all’offerta commerciale e dei servizi; è vero che ora ci sono i parcheggi alla Coop, ma in altre zone del centro ne abbiamo persi in misura superiore a quelli creati.

Un consiglio a un giovane di Abbadia oggi.

La professionalità. Prima della crisi il sistema della domanda era a rombo; il grosso degli acquisti era nella classe media. Oggi dopo la crisi il sistema è a clessidra: il basso livello è largo, il medio si è ristretto, mentre l’alto livello si è ampliato moltissimo. Nel commercio di alto livello non ci entri senza preparazione e senza una formazione adeguata. Bisogna puntare parecchio su un discorso di qualità. E poi più che la qualità di un negozio bisogna guardare il contesto dove il negozio è inserito. Occorre fare sistema stare in “rete”, cercare e creare aggregazione. Il successo dei grandi marchi dell’agroalimentare nel panorama mondiale è frutto di questo tipo di aggregazione tra piccole o piccolissime imprese. Il Parmigiano Reggiano non è prodotto dalla Parmigiano Reggiano spa, dietro a un marchio unico e prestigioso ci sono oltre 1.000 piccoli produttori, così è per il Brunello di Montalcino o per il Nobile di Montepulciano. Noi con il Centro Commerciale Naturale, prendendo spunto da una frase di  Oscar Wilde, abbiamo tenuto  l’ombrello aperto quando c’era il sole e l’abbiamo chiuso quando ha iniziato a piovere.

 Copertina: Damiano Romani

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