Carlo del Quinti, poeta d’Abbadia

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UN GIORNO LO TROVAI UN CONTADINO

1°) Un giorno lo trovai un contadino

mi disse che veniva a star da noi

perché disse che lui ha il cervello fino

vuole lasciar maiali, vacche e buoi.

E perché non lo chiamino “villano”

non vuol seminar più nemmeno il grano.

Gli dissi ti accettiamo volentieri tanto,

oramai, ci siamo abituati

a veder tanti musi forestieri

che vallappesca di dove so scappati.

C’è tante facce nuove e musi strani

che non si sa nemmen se so italiani.

Disse allora: <Ci vengo volentieri!

Tanto ho deciso di cambiar mestiere

non vo’ fa’ più scope né panieri

vado in tasca al padrone e al suo podere.

Ormai l’ho presa questa decisione:

e a fa’ il contadino ci vada il padrone.

Mi troverò una casa da cristiani

che ci sia pure una bella ringhiera;

nel primo io lavoro con Fanfani,

dopo mi metteranno alla miniera

e perché vedo che sieta buona gente

dopo ci porterò qualche parente

2°) <Caro Pasquino, vengo dal podere;

speravo di trovarti per la via

invece non ti ho potuto più vedere

e son venuto a trovarti all’Abbadia

per domandarti un po’ come ti trovi

dopo che l’hai lasciati vacche e buoi>

<Amico, l’ho trovata la cuccagna!

c’è il pane bell’e fatto e c’è anche il vino

e se anche non lavoro, qui si magna;

te l’assicuro mi trovo benino io

per ora lavoro con Fanfani

e mi son già fuggiti i calli dalle mani.

La mia moglie che sembra una Signora

va a far la spesa con una bella borsa

e non fa più come faceva allora,

sempre a voltar le pecore, di corsa.

E per farla comparir con le persone

le farò una pelliccia di visone.

Tanto non c’è bisogno di quattrini

perché si segna tutto nel libretto

e se poi verranno dei giorni meschini

il conto resta chiuso nel cassetto.

É un libretto che danno i bottegai:

si segna sempre e non si paga mai!>

3°) <L’opera l’ho segnata ogni mattina;

e anche se non lavoro son pagato:

mi danno la minestra papalina

il vino vo a pigliarlo dal curato

e son pagato anche se fiocca

o piove e posso alzarmi all’otto e anche alle nove.>

<Senti Pasquino, anch’io sono annoiato

di stare in piedi tutta la giornata

che per mietere il grano e falciare il prato

m’ha cotto il sole come una patata,

ma ho già deciso col fratello mio

se la trovo, la casa, scappo anch’io.

Dunque, Pasquino, insegnami la via

e dimmi in confidenza come hai fatto,

che se trovo la casa all’Abbadia

io mi licenzio e scappo come un gatto

e, magari, se trovo un capannone

a fare il contadino ci mando il Padrone!>

4°) Quanti Pianesi si sono invogliati

di venire a star di casa all’Abbadia

perché a Piano so’ quasi disperati

che di campar non trovano la via

e vengono qua in qualche maniera

per vedere di ficcarsi alla Miniera.

Però ci viene la miglior canaglia:

mettono la mobilia in un paniere,

hanno la faccia come una muraglia,

vengono senz’arte né mestiere

e il povero Comune di Abbadia

raccatta tutta questa porcheria.

Ma quando sarà piena di canaglia

quest’Abbadia che ormai ce l’hanno invasa

sarà tardi per dargliela battaglia

e quando ci staran tutti di casa,

fra Piano, Radicofani e villani

ci manderanno via come babbani.

5°) Venite, che sarete rispettati

forse vi caveremo anche il cappello!

Piuttosto che quando sarete ingrassati

chissà che non pigliate il manganello

per mandar via noialtri paesani

e per restarci tutti voi villani.

Ma tanto a noi non ce ne importa niente!

Se qui ci sono tanti disoccupati

li manderemo a farla la semente

in quei poderi che avete lasciati

e piglieranno in consegna vacche e buoi

e all’Abbadia ci resterete voi.

Scritta da Carlo del Quinti.

Che me ne fece personalmente dono il dì 13 dicembre 1956. Balilla Romani

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