ABBADIA SAN SALVATORE: referendum, le ragioni del Sì

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elezioni_15_settembre

Politica

di Giovanni Fabbrini*

“In questi giorni sono emersi spunti utili e positivi nei vari confronti, sia reali che virtuali, che si sono avuti in paese”

La forza con cui il comitato per il No alla riforma costituzionale proposta dall’attuale governo ha reagito al nostro comunicato e ai nostri finora due banchetti ha effettivamente sorpreso. Questo non sarebbe in alcun modo un male se davvero andasse nella direzione di una maggiore, e maggiormente informata, partecipazione civica. E’ necessario però mettere in campo alcune premesse logiche che meglio aiutano a comprendere un dibattito già cominciato e che, lontanissimo da essere una diatriba tecnica tra scuole di pensiero di costituzionalisti, rappresenta un’opportunità per comprendere quanto i margini di sviluppo della nostra nazione siano davvero praticabili.

Sembra una cosa opportuna esporre alcuni elementi inerenti il dibattito sulla riforma costituzionale sulla quale gli italiani saranno chiamati a esprimere il proprio eventuale consenso, probabilmente nel mese di Ottobre. Non si tratta di entrare nel merito di un’analisi articolo per articolo, ma di porre in risalto le premesse a una discussione che, in Toscana come altrove, ha già preso una piega come minimo sgangherata. Tali premesse sarebbero certamente propedeutiche a un’analisi minuziosa dei nuovi articoli proposti dal governo e non sono in alcun modo da considerarsi “aggiuntive”.

Per farlo è necessario il ricorso a una logica normalmente comprensibile a uno studente del primo anno di liceo classico. La prima premessa riguarda il concetto di rottamazione e il suo rapporto con la riforma. La fine del bicameralismo paritario così come una legge elettorale che garantisca la certezza di una maggioranza parlamentare solida ai governi e vada quindi  nel senso di una maggiore governabilità è qualcosa che è stato chiesto da destra e sinistra dal almeno vent’anni (non per niente, come va ricordando Debora Serracchiani, si trovava anche nel programma elettorale del centro sinistra nel 1994). Ma non basta: i principali manuali di diritto pubblico (Barile, Cheli, Grassi) indicavano già dieci anni fa come ovvia la constatazione che il bicameralismo paritario fosse portato ad appesantire inutilmente il processo legislativo. Si parla quindi di innovazione istituzionale da più di vent’anni. E dov’è il collegamento con la rottamazione? Non c’è! Se non per il fatto che la riforma viene proposta dalla parte più dinamica del partito che è per forza di cose quella collegata nell’immaginario collettivo al concetto di rottamazione.

La stessa cosa si può dire del renzismo come cultura politica. E’ forte? E’ debole? Ha un futuro solido? Non è questo il punto! Personalmente conosco bene le polemiche interne alla Chiesa legate alla figura di Renzi, che dopo aver voltato le spalle al popolo del Family Day si vede ora trattato nello stesso modo: è nata un’opposizione strenua alle proposte del governo in tema istituzionale. Ma motivata da cosa? Odio, risentimento, vendetta? Non sta a me giudicare quanto questi principi siano coerenti con la morale evangelica, ma certamente è pericoloso portare una questione personale al risalto quando si decide del futuro istituzionale ed economico di un paese.

In definitiva si tratta di capire se alcune innovazioni come quelle messe in campo dal governo nell’Italicum siano coerenti con un’idea europea di progresso. C’è veramente ancora da chiederselo? Possibile anche che il premio di maggioranza alla camera non aiuti la governabilità e che le regioni meridionali in questi ultimi 16 anni abbiano amministrato in modo esemplare i fondi legati alle competenze che avevano. Possibile anche che andare da Roma a Milano sia più facile con una Punto che con una Maserati. Tutto è possibile (La Maserati potrebbe essere manomessa, il meccanico che l’ha controllata la sera prima potrebbe essere un sadico e via dicendo). In definitiva tutto è rimandato a una domanda: ci volete andare a Milano si o no? (*Comitato per il Sì)

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