La Postilla vola in Europa. Sesta tappa: Berlino

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 —P—

di Chiara de Franceschi

Berlino è fusione. Fusione di vecchio e nuovo, fusione di ciò che è stato e non può essere cancellato e di voglia di guardare avanti e riscattarsi.

Riscatto riuscito, Berlino oggi è una città nuova, risorta dalle ceneri di quella Seconda Guerra  Mondiale che l’aveva praticamente rasa al suolo. Berlino che ha grandissimi fantasmi contro cui combattere, è lì che si sono consumati alcuni degli atti più atroci del secolo scorso; dal nazismo che ha sterminato milioni di essere umani senza un pizzico di pietà, al Muro che ha costretto migliaia di persone a vivere separate dai loro cari, pagando con la morte il tentativo di ricongiungersi ad essi.

20150129_174245C’è la parte nuova, futurista e visionaria, costruita con tanta voglia di ricominciare per dimenticare un passato umiliante e inglorioso. Ci sono Kurfürstendamm e Friedrichstrasse, le vie dello shopping che ricordano un po’ l’inimitabile Fifht Avenue di New York. C’è Postdamer Platz con gli incredibili edifici della Panoramapunkt e il Sony Center.  C’è Alexanderplatz, che ha subìto grandissime trasformazioni nel corso del tempo e oggi ospita, tra gli altri, la Torre della Televisione, da cui si può vedere tutta Berlino dall’altro, e il caratteristico “Orologio del tempo del mondo” che, girando continuamente, mostra l’ora di ogni parte del pianeta.

Ogni città ha poi il suo simbolo; nel nostro caso non può mancare la visita alla Porta di Brandeburgo, costruita nel 1791 e che ancora oggi stupisce milioni di turisti che passano di lì. Da vedere sicuramente il Reichstag, sopravvissuto a guerre, incendi, nazismo, muro, e che oggi incanta grandi e piccoli con la sua cupola di vetro.  E c’è la storia. Storia che è stata, che non deve e non può essere dimenticata. Tutto a Berlino parla del Muro. Passeggi ed è strano pensare che fino a qualche anno fa, ciò che vedevi dall’altra parte non potevi raggiungerlo. Noi la avevamo proprio davanti all’albergo, quell’Est Side Gallery piena di murales davvero eccezionali; peccato solo per quelle scritte fatte a caso da turisti che vogliono lasciare la propria firma.

20150129_091615C’è il museo della DDR (Deutsche Demokratische Republik, la Berlino Est per capirci) che mostra cosa significasse vivere in quella che solo apparentemente era una società basata sull’uguaglianza sociale e sull’equa distribuzione della ricchezza. C’è il Checkpoint Charlie, una delle poche stazioni che permetteva di transitare da una parte all’altra. C’è il cartello storico “You are leaving the american sector”, a rimarcare quanto la separazione tra est e ovest fosse profonda. Ci sono memoriali e musei sul Muro, ci vengono ricordate stazioni fantasma, metodi ingegnosi per cercare di scavalcare. Ci vengono ricordate le tante vittime che quel muro ha fatto. Perché Berlino è così, forse pentita del suo passato o forse no. Ma che comunque non ha paura di mostrare ciò che è stato, perché tutti sappiano, perché certi errori non si ripetano. I berlinesi sono fieri, sono orgogliosi di ciò che oggi sono diventati; un popolo unito, che sta cercando e forse riuscendo a superare quelle barriere, fisiche e non, che fino a poco tempo fa li aveva costretti a vivere divisi.

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In Berlin, by the wall

you were five foot ten inches tall

It was very nice candlelight and Dubonnet

on ice We were in a small cafe

you could hear the guitars play

It was very nice it was paradise

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